29 settembre 2025
Può essere esclusa la malafede se la registrazione è volta a protegge un asset in crisi?
In contesti di stretta connessione societaria, il consenso del titolare del marchio di fatto preusato alla registrazione da parte di un soggetto collegato può essere considerato equivalente alla cessione del diritto alla registrazione, escludendo in tal modo l'ipotesi di nullità per "malafede" del registrante o per "difetto di novità" del segno.
La Corte di Cassazione, con ordinanza del 18 luglio 2025, n. 20068, si è pronunciata su un ricorso promosso da una società contro la decisione della Corte d’Appello di Venezia, sezione specializzata in materia d’impresa, con la quale veniva riformata la decisione di primo grado che aveva accolto la richiesta di accertamento della nullità della domanda di registrazione di un marchio per malafede o per difetto di novità. Il marchio in questione, infatti, era stato precedentemente registrato e utilizzato per la commercializzazione di prodotti in plastica per animali e giardino.
Il Tribunale aveva accertato la nullità del marchio per registrazione in malafede e aveva liquidato solo il danno non patrimoniale, in difetto di prova di un danno patrimoniale.
La Corte territoriale ha ritenuto insussistenti le condizioni della registrazione in malafede sulla base del duplice presupposto per cui, da un lato, le società interessate, rispettivamente, dalla registrazione e dal preuso facevano tutte parte del medesimo agglomerato societario, anzi erano riconducibili alla medesima persona fisica, per cui si presupponeva che l’operazione di registrazione fosse avvenuta sulla base di un disegno imprenditoriale unitario e, dall’altro lato, osservando che la registrazione era stata effettuata dalla resistente non già a scopo meramente emulativo, bensì sulla finalità di tutelare dei beni che erano stati dati in pegno dalla ricorrente, ed alla cui protezione la registrazione del marchio sarebbe stata funzionale.
La Cassazione, respingendo il ricorso, ha ricordato, in punto di diritto, la disciplina in tema di nullità per registrazione in malafede del marchio e la forma che deve rivestire l’accordo circa il diritto alla registrazione di un marchio.
La registrazione in malafede del marchio opera (Cass., sez. I, n. 10390/2018) quale norma di chiusura, in quanto l’art. 19, comma 2 c.p.i., secondo cui «[n]on può ottenere una registrazione per marchio di impresa chi abbia fatto la domanda in malafede», è chiamato a definire i conflitti che il legislatore non ha ritenuto di risolvere espressamente, giacché la legge non regolamenta più volte la medesima situazione fattuale. Quindi tale disciplina «non potrebbe essere invocata da chi, essendo titolare di un diritto anteriore (perché, ad esempio, ha registrato per primo o può vantare un preuso non locale del segno), riceva già tutela in ragione di tale sua posizione giuridica»; in tali ipotesi, invero, il conflitto tra i segni è definito già prevedendo la nullità della registrazione successiva e quindi il titolare del diritto anteriore e prevalente può invocare quest’ultima, non anche l’altrui divieto di registrare il marchio in malafede.
L’art. 19, comma 2, c.p.i. interviene disciplinando una ipotesi residuale: quella in cui il terzo, a conoscenza dell’altrui scelta di operare la registrazione, preceda l’interessato nel perfezionamento della fattispecie acquisitiva del diritto, ledendo in tal modo non già quest’ultima posizione giuridica (che ancora non esiste, in quanto non si è perfezionata), ma la legittima aspettativa verso un segno il cui valore è ascrivibile ad un soggetto diverso rispetto al registrante (e cioè a chi, avendolo concepito, e se del caso utilizzato, si avviava a registrarlo). E si valorizza il dato della conoscenza dell’altrui intendimento alla registrazione del segno, registrazione normalmente preceduta da una serie di attività (come le indagini di mercato e la verifica delle anteriorità), che richiedono del tempo.
Ma la nullità della privativa, ex art. 19, comma 2, c.p.i., può anche ricorrere nel caso «in cui il diritto di privativa venga conseguito con riferimento a un segno la cui notorietà sia in fieri, e che si accinga, quindi, a costituire un’anteriorità atta a precludere la registrazione, giusta l’art. 12, lett. a) c.p.i.», con lesione dell’interesse (o dell’aspettativa) al conseguimento del diritto di esclusiva in favore del preutente, siccome dipendente dal preuso non puramente locale del segno. E trova tutela nella disposizione in esame sia l’interesse alla futura registrazione (in dottrina, si è evidenziato come il divieto di registrazione in malafede presenti un elemento specializzante rispetto alla registrazione del non avente diritto, elemento costituito dalla consapevolezza dell’imminenza del perfezionamento della fattispecie acquisitiva della privativa), sia l’interesse al consolidamento di una notorietà del segno.
Altre ipotesi di tutela contro la registrazione in malafede, invece, prescindono dalla lesione di posizioni di riserva sul segno e sono accomunate dalla natura anticoncorrenziale dell’iniziativa posta in essere dal soggetto in malafede, volta a creare un intralcio più o meno diffuso alla registrazione del segno (come nel caso di accaparramento dei marchi; cfr. Corte Giustizia CE 11 giugno 2009, C-529/07, Chocoladefabriken Lindt & Spriingli AG, che, pronunciandosi sull’ipotesi di registrazione in malafede prevista dall’art. 51.1, lett. b), reg. 40/94/CE, ha considerato tale il deposito del marchio senza l’intenzione di usarlo, ma solo per impedire che un terzo entri nel mercato).
Sul piano soggettivo, non è sufficiente la semplice conoscenza dell’altrui titolarità del marchio su altri mercati, ma ricorre certamente la tutela in esame nel caso della registrazione del marchio attuata abusando di particolari rapporti qualificati tra il registrante e l’aspirante titolare, in assenza di apposita disciplina convenzionale.
E si è evidenziato (v. Cass. n. 10390 del 2018) che «la presenza di una relazione qualificata tra il registrante e il danneggiato può certamente giocare un ruolo significativo nel quadro della previsione dell’art. 19, comma 2, c.p.i.». Nella fattispecie in esame, in quel giudizio, si è esclusa la ricorrenza di una registrazione in malafede per l’assorbente rilievo per cui non poteva considerarsi in malafede quella registrazione che si attui attraverso il nuovo deposito di un marchio che abbia cessato di produrre i suoi effetti.
Con una recente prouncia la Suprema Corte (Cass. n. 5866 del 2024) ha inoltre confermato una decisione di appello che aveva dichiarato la nullità del marchio registrato sia per difetto di novità e sia per registrazione in malafede, ex artt.12, lett. b) e c), e 19 c.p.i., osservando che, nel caso concreto, si è era rilevata, rispetto alla nullità per difetto di novità, una condotta autonoma di malafede del registrante il segno anteriore, basata su diversi presupposti fattuali:
- la registrazione in malafede presuppone «la presenza di una disposizione d’animo o di un’intenzione disonesta, essa deve inoltre essere intesa nel contesto del diritto dei marchi, che è quello del commercio», potendo essa dedursi «dalle circostanze oggettive e dal suo operato concreto, dal ruolo o dalla posizione rivestita, dalla conoscenza che aveva dell’uso del segno anteriore, dalle relazioni di natura contrattuale, precontrattuale o post contrattuale che intratteneva con il richiedente la dichiarazione di nullità, dall’esistenza di doveri o obblighi reciproci e, più in generale, da tutte le situazioni oggettive di conflitto d’interessi in cui il richiedente il marchio si è trovato ad operare» (Tribunale n. 350/2022);
- la declaratoria di nullità ex art. 12 c.p.i. ha come presupposto la valutazione dei requisiti di registrabilità del marchio posteriore alla luce dell’esistenza degli anteriori diritti su marchi o altri segni distintivi.
In conclusione, la Corte di Cassazione ha evidenziato, con l'ordinanza in esame, che, in assenza di un intento anticoncorrenziale o emulativo e in presenza di un disegno imprenditoriale unitario, il consenso alla registrazione da parte del preutente a favore del soggetto collegato sana qualsiasi potenziale vizio di nullità per malafede o difetto di novità del marchio, consolidando il diritto in capo al registrante.






