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20 ottobre 2025

Equo compenso e obblighi di trasparenza: il caso nuovo IMAIE vs Google

di Stefano Leanza

​Con la delibera n. 153/25/CONS dell’11 giugno 2025, l’AGCOM ha segnato un rilevante precedente in materia trasparenza ed equo compenso. Un nuovo tassello di una disciplina improntata ad un equilibrato rapporto tra grandi piattaforme e titolari dei diritti.


Con la delibera n. 153/25/CONS dell’11 giugno 2025, l’AGCOM ha deciso sul procedimento promosso da Nuovo IMAIE (collecting) contro Google Ireland Ltd. per presunte violazioni degli artt. 22 e 23 del D.Lgs. 35/2017 in materia di scambio informativo e rendicontazione degli utilizzatori. Riconosciuto il ruolo Google come “utilizzatore”, l’Autorità ha rilevato violazioni in relazione al rifiuto o trasmissione di dati non lavorabili, ribadendo il primato degli obblighi legali di trasparenza anche dinanzi a esigenze di riservatezza commerciale. Il provvedimento segna dunque un nuovo tassello nella definizione della disciplina volta a garantire un equo compenso e a riequilibrare il rapporto informativo tra grandi piattaforme e titolari dei diritti.


I fatti di causa

In seguito a trattative pluriennali, Nuovo IMAIE ha segnalato ad AGCOM l’inerzia o l’insufficiente collaborazione di Google nella fornitura dei dati necessari alla negoziazione di un compenso per lo sfruttamento di repertori di artisti ed esecutori sulle piattaforme YouTube. Secondo la collecting, Google ha fornito proposte economiche di tipo forfettario non accompagnate da dati economici verificabili (ricavi, numero vendite/visualizzazioni, periodi di riferimento) e ha consegnato rendicontazioni incomplete o in formati non processabili automaticamente (campioni o liste di link), ostacolando così la determinazione di un compenso proporzionato e la successiva distribuzione dei proventi.


La disciplina rilevante 

In buona sostanza, gli articoli 22 e 23 del D.Lgs. 35/2017 costituiscono il cuore delle regole di trasparenza nei rapporti tra le società di collecting e gli utilizzatori, ovvero le piattaforme, le emittenti o gli operatori che sfruttano repertori protetti. Il primo (art. 22) impone alle parti di negoziare in buona fede, scambiandosi tutte le informazioni necessarie e pertinenti per definire un compenso equo, così da evitare che la parte più forte imponga condizioni opache o unilaterali. Il secondo (art. 23) prevede invece un obbligo di rendicontazione periodica e dettagliata delle utilizzazioni effettive, dei ricavi generati e delle modalità di sfruttamento, in modo che gli organismi di gestione possano ripartire correttamente i proventi ai titolari dei diritti. Nel complesso, queste norme creano un vero e proprio diritto alla trasparenza informativa sia prima che dopo la conclusione dell’accordo.


Le violazioni rilevate nello specifico

Nel caso, in esame, l’Autorità ha ritenuto che Google ricadesse nella nozione di “utilizzatore” rilevante ai fini degli artt. 22 e 23 D.Lgs. 35/2017, atteso il ruolo di aggregazione, messa a disposizione e, in alcuni servizi, di selezione editoriale dei contenuti. AGCOM ha quindi verificato la sussistenza di due distinte violazioni: (i) il mancato scambio in buona fede delle informazioni necessarie in fase pre-contrattuale, e in particolare il rifiuto di fornire dati economici fondamentali all’esame delle offerte forfettarie; (ii) la violazione degli obblighi di rendicontazione (art. 23) per trasmissione di informazioni incomplete o non lavorabili. Sul piano sanzionatorio è stata inflitta una multa e impartita una diffida a cessare la condotta, con l’Autorità che ha sottolineato la possibilità di fornire dati in forma aggregata o sotto NDA senza eludere l’obbligo di trasparenza.


Nella rendicontazione la forma è sostanza

Il caso è significativo per almeno tre ordini di ragioni pratiche e dottrinali. Primo, conferma la tendenza dell’Autorità a qualificare le grandi piattaforme digitali come soggetti obbligati al rispetto di oneri informativi e di rendicontazione concepiti per garantire equità nella negoziazione dei compensi. Secondo, chiarisce che la forma della rendicontazione è sostanziale: non basta consegnare elenchi o link, ma occorrono metadati e strutture che consentano l’identificazione automatizzata delle opere, dei periodi e dei volumi di sfruttamento. Terzo, il provvedimento enfatizza il principio per cui gli obblighi legali di trasparenza prevalgono su eventuali clausole di riservatezza commerciale, purché siano disponibili soluzioni tecniche (aggregazione, anonimizzazione, NDA) per conciliare gli interessi.


Riferimenti e confronto con altri provvedimenti AGCOM

La delibera 153/25/CONS si inserisce in un filone di interventi recenti dell’Autorità sulla determinazione dell’equo compenso in cui sono state sanzionate condotte nei rapporti tra editori e grandi provider. Infatti, analoghe questioni (qualifica dell’utilizzatore, metodo di calcolo fondato su ricavi pubblicitari e audience e rilevanza della rendicontazione) sono emerse anche in altri procedimenti AGCOM relativi a motori di ricerca e social network, dove l’Autorità ha disposto determinazioni ex regolamento in mancanza di intese negoziali tra parti. In tale quadro, la delibera contro Google rafforza il ruolo dell’Autorità come attivo riequilibratore delle asimmetrie nei rapporti negoziali (e quindi anche informativi).


Conclusioni e prospettive operative

Per gli operatori e per le collecting la decisione impone una chiara istruzione pratica: le piattaforme devono predisporre formati di rendicontazione completi e processabili e adottare procedure che permettano scambi informativi strutturati. Le collecting devono invece essere in grado di formulare richieste mirate e tecnicamente attuabili. Sul piano giuridico, la delibera contribuisce a consolidare la disciplina della trasparenza negoziale, aprendo il terreno a ulteriori spazi di rivendicazione che definiranno i limiti tra riservatezza commerciale e obblighi di legge.
 


Avv. Stefano Leanza
Studio Previti Associazione Professionale