• Marchi di forma e marchi tridimensionali

13 gennaio 2009

Tribunale Torino 13/01/2009 [Marchio - Marchio di forma - Contraffazione - Concorrenza sleale - Richiesta di nullità per preuso]

Marchio - Marchio di forma - Definizione

E' «forma che dà un valore sostanziale al prodotto» quella che conferisce al prodotto un vantaggio competitivo, cioè induce i consumatori a preferire per ciò solo un certo prodotto.

Fonte: Giurisprudenza Italiana - 2009

Marchio - Marchio di forma - Requisiti

Posto che il divieto di registrazione come marchio di forma dei segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto ricomprende non solo la forma generale di un prodotto necessaria perché lo stesso appartenga alla sua categoria, ma anche quella della materia prima, con cui vengono realizzati i prodotti finali, è nullo il marchio di forma per borse, scarpe, accessori in pelle costituito dalla rappresentazione di una lavorazione di strisce di cuoio intrecciate, atteso anche che quest'ultima assolve ad esigenze di carattere economico, di risparmio, e funzionali, legate alla maggiore flessibilità e resistenza del materiale, sicché risulta anche integrato il divieto di registrazione di segni costituiti dalla forma di un prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico.

Fonte: Foro Italiano - 2009

 

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 25455/07/2007 R.G., promossa da:

Co. F.lli di Fr. e Se. e C. S.a.s., rappresentata e difesa dagli Avv.ti A.To., M.Bu. e M.Mu.;

 

PARTE ATTRICE

CONTRO

Bo.Ve.In., s.a.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti A.Va., P.L.Ro., A.Mu. e F.Ro.;

PARTE CONVENUTA

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con atto di citazione notificato in data 13 settembre 2007, Co. F.lli di Fr. e Se. e C. S.a.s., conveniva in giudizio Bo.Ve.In. s. a r.l. per sentir accertare e dichiarare la nullità del marchio italiano n. (...) di cui era titolare la convenuta. In subordine, l'attrice chiedeva al Tribunale di accertare e dichiarare che essa attrice usava lecitamente, "e da data anteriore al deposito della domanda di marchio della convenuto Bo.Ve., la lavorazione di cuoio e/o pelle ad intreccio (c.d. intrecciato)" di cui era causa, e che per tale motivo aveva "il diritto di continuare l'uso di tale lavorazione, anche ai sensi dell'art. 12, comma l, lettera b), penultima frase, c.p.i.". Chiedeva inoltre ai Tribunale di accertare e dichiarare che non aveva compiuto atti di contraffazione del predetto marchio italiano né atti di concorrenza sleale sotto alcun profilo.

Esponeva l'attrice: - che la S.a.s. Co., fondata nel 1968, svolgeva da ormai 40 anni la propria attività nel settore della produzione artigianale e vendita, in Italia ed all'estero, di articoli di pelletteria; - che, in particolare, orma da decenni produceva articoli di pelletteria (borse, scarpe, portafoglio, borsellini, cinture ecc.) in "cuoio intrecciato", ottenuto ricorrendo ad un tipo particolare di lavorazione del cuoio da lungo tempo nota e diffusa sia in Italia che all'estero; - che la convenuta Bo.Ve.In. s.a.r.l., (società avente sede nel Lussemburgo e che apparteneva, dal 20 01, al Gruppo Gu.), - commercializzava, tra gli altri prodotti, borse, scarpe ed altri accessori in pelle; - che la convenuta era titolare del marchio italiano n. (...), depositato il 9.12.2005; - che tale marchio, costituito dall'immagine fotografica di una porzione di pezza di cuoio intrecciato, (nella registrazione era espressamene detto che "il marchio consiste nella figura come da esemplare allegato"), rivendicava "cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non comprese in altre classi, pelle di animali; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria", e "calzature"; - che tale marchio era nullo in quanto: 1) si risolveva nel prodotto stesso per cui era stato registrato e di conseguenza era in contrasto con il principio dell'estraneità del marchio al prodotto; 2) violava il disposto di cui all'art. 9 del c.p.i. perché il cuoio intrecciato rispondeva ad esigenze essenzialmente estetiche prima ancora che distintive (e quindi era una "forma che dà valore sostanziale al prodotto") e perché, al tempo stesso, consisteva nella "forma imposta dalla natura del prodotto"; 3) era privo di capacità distintiva perché l'uso del cuoio intrecciato nel settore della pelletteria era largamente diffuso almeno dal 1930 e quindi si trattava di una forma ormai standardizzata; 4) era privo di novità perché Co. usava il cuoio intrecciato almeno dal 1980, cioè 25 anni prima del deposito della domanda di registrazione risalente al 9.12.2005; che di conseguenza, il preuso del cuoio intrecciato da parte di Co. non violava alcun diritto della convenuta e non costituiva concorrenza sleale e comunque le conferiva il diritto di continuare ad usare il marchio nei limiti del preuso ex art. 12, n. 1, lett. B, c.p.i.

Bo.Ve.In. s.a.r.l. si costituiva in giudizio con comparsa di costituzione e risposta depositata in Cancelleria in data 10.1.2008, chiedendo il rigetto delle domande attoree. In via riconvenzionale la convenuta chiedeva al Tribunale di accertare e dichiarare che l'uso dell'intrecciato di pelle nelle borse prodotte e vendute da Co. specificate in narrativa, costituiva contraffazione del marchio n. (...) in titolarità di essa convenuta, nonché atto di concorrenza sleale, di accertare e dichiarare che Co. S.a.s., con la produzione, pubblicizzazione e vendita della borsa di cui ai doc. nn. 3, 141, 142 e 144, costituente imitazione del modello "Cabat" si era resa responsabile di concorrenza sleale; di inibire la prosecuzione degli illeciti e di emanare le conseguenti statuizioni ancillari, e di condannare l'attrice alla restituzione degli utili ed al risarcimento dei danni.

In particolare la convenuta sottolineava che ciò di cui essa Bo.Ve. rivendicava l'esclusiva non era qualsiasi tipo di cuoio intrecciate, bensì "il suo" particolare intrecciato - caratterizzato da una trama di striscioline di pelle intrecciate in modo da comporre dei piccoli quadrati/rettangoli dal lato di circa 1 cm. e inclinati di 45° rispetto al piano - intrecciato che si poneva come una variazione arbitraria tra le tante disponibili.

In relazione alle contestazioni ex art. 9 c.p.i., la convenuta si difendeva osservando che il marchio era stato registrato non solo per il cuoio ma anche per scarpe, borse ed altri articoli di pelletteria di cui alla classe n. 18 e sottolineava che tali prodotti restavano quello che erano, cioè una borsa o un paio di scarpe anche se erano realizzati in cuoio intrecciato. Quanto al rilievo che il marchio era costituito dalla "forma imposta dalla natura stessa del prodotto" Bo.Ve. faceva presente che tale impedimento si riferiva ai soli casi dei marchi costituiti dalla forma generale di un prodotto, necessaria per ricondurlo alla sua categoria (quale per esempio la caratteristica forma di uno schiaccianoci, necessaria perché esso possa svolgere la sua funzione ed essere considerato uno schiaccianoci) e ribadiva che l'intrecciato per cui è causa non coincideva con caratteristiche essenziali o necessarie di scarpe, borse, cuoio ecc.. Inoltre, con riferimento al rilievo che il marchio era costituito da una "forma che da valore sostanziale al prodotto" la convenuta sottolineava che l'utilizzo di un particolare tipo di intrecciato non attribuiva al bene alcun particolare pregio estetico che, eccedesse la normalità di un aspetto particolarmente gradevole, costituendo un motivo d'acquisto determinante per il pubblico. Dopo l'assegnazione dei termini per il deposito delle memorie istruttorie, il G.I., ritenuto opportuno che sulle istanze in atti si pronunciasse il Collegio, fissava udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 4.7.2008 le parti precisavano le conclusioni definitive riportate in epigrafe ed il G.I. assegnava i termini per il deposito degli scritti conclusivi e si riservava di riferire al Collegio.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

1) Oggetto della presente controversia è il marchio italiano n. (...) (domanda di registrazione depositata in data 9 dicembre 2005, che rivendica "cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non comprese in altre classi, pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste ed articoli di selleria") di seguito riprodotto.

 (omissis)

Nel certificato di registrazione di cui al doc. n. 4 attoreo viene espressamente specificato che "il marchio consiste nella figura come da esemplare allegato".

2) Come risulta dall'immagine sopra riprodotta, l'oggetto della registrazione di Bo.Ve. è la fotografia di un rettangolo di pezza di cuoio intrecciato. Ciò che è stato registrato dalla convenuta, pertanto, non è un disegno che riproduce il risultato di una lavorazione di strisce di pelle intrecciate, ma è proprio il cuoio lavorato, cioè il materiale stesso con il quale vengono realizzati i prodotti della convenuta, dell'attrice e di moltissime altre aziende, anche quest'ultimi da epoca ben anteriore al deposito della domanda di registrazione, (cir., in proposito, doc. da n. 5 a n. 51 del fascicolo di parte attrice): si tratta quindi di una registrazione che, - attenendo alla forma, è riconducibile anche al disposto dell'art. 9 c.p.i. Che quella del cuoio intrecciato non costituisca una tecnica di lavorazione peraltro, neppure la convenuta lo sostiene e vale la pena di sottolineare che non è neppure vero che quello di bottega Ve. costituisce un tipo particolare di intrecciato: oltre a quelli dell'attrice, i prodotti di cui ai documenti di parte attrice n. 33 (copia pubblicità Bu.Ga. su Ar., n. 35 (Copia pubblicità Mu. su Le.Re. 1986), n. 37 (copia pubblicità Em. su Ar. 1990), nn. 36 e 39 (vari articoli dei cataloghi (...) rispettivamente del 1990 e del 1991), n. 40 (Copia pubblicità De. su Vo.Pe. 1991), nn. 42 e 44 (copia pubblicità Ni.Re. su Ar., c.d. per l'estero e non, 1992, n. 45 (Copia pubblicità Ni.Ar.Fr. su Ar. 1992), nn. 47 e 49 (copia (...) 1997 e 1998), n. 48 (copia pubblicità Di. su Ar. 1S99) e n. 50 (copia pubblicità Di. su Ar. 1999), per esempio, riproducono un intrecciato che risulta del tutto analogo a quello di Bo.Ve.

3) Ciò posto in fatto, osserva il Collegio che con riferimento al prodotto "cuoio intrecciato e sue imitazioni", - emerge con evidenza che il principio di estraneità del marchio al prodotto risulta violato. Tale principio, infatti, richiede che il segno sia, almeno astrattamente, separabile dal bene a cui si riferisce e che la natura dei bene non risulti modificata qualora non si consideri il marchio: di conseguenza, poiché nel caso la rappresentazione grafica del marchio consiste nella fotografia di una pezza di pellame intrecciato è evidente che immaginando di rimuove ire il marchio dal prodotto "cuoio intrecciato", viene rimosso anche il prodotto stesso. Ad analoghe conclusioni, peraltro, deve giungersi anche quando - come nel caso della borsa Ca. - il marchio è riprodotto su gran parte o su tutta la superficie del bene: in questo caso, infatti, - rimuovendo concettualmente il marchio si rimuove anche l'aspetto esteriore del prodotto perché il marchio, che coincide con la somma delle caratteristiche del prodotto e di conseguenza finisce per essere percepito dal consumatore non come un segno distintivo ma come il bene stesso - è intrinsecamente connesso al prodotto e ne costituisce la forma stessa. Parte attrice sottolinea anche che l'entità oggetto della registrazione è di per sé inadatta a svolgere la funzione di marchio in guanto si tratta di una immagine non ulteriormente qualificata e/o caratterizzata da dimensioni, posizioni, incorniciature o altro rispetto al generico disegno geometrico che costituisce patrimonio comune dell'artigianato universale e di conseguenza inidoneo ad individuare l'esatto oggetto della tutela conferita al titolare del segno.

Anche tale rilievo sembra fondato al Collegio. Il requisito concernente la rappresentazione grafica del marchio di cui all'art. 7 c.p.i., infatti, richiede che il segno sia rappresentabile e venga concretamente rappresentato in modo sufficientemente intellegibile ed oggettivo da consentire ai concorrenti di evitare la contraffazione mediante una semplice consultazione del registro marchi. I disegni costituiscono certamente segni capaci di svolgere la funzione di marchio, tuttavia la registrazione della convenuta non ha ad oggetto una figura o un disegno veri e propri, bensì, come si è visto, l'intreccio stesso, e quindi la materia prima con il quale vengono realizzati in tutto o in parte i prodotti finali. Ora, esaminando la figura che Bo.Ve. rivendica come marchio, non si ricavano affatto i dettagli specifici che la convenuta illustra nelle sue difese e in particolare, non risultano affatto inequivoche le dimensioni e l'inclinazione della trama dell'intrecciato: da ciò consegue che gli operatori economici concorrenti non sono messi nell'effettiva condizione di conoscere la privativa della convenuta, la quale, per ciò solo, ne trae pertanto un indebito vantaggio concorrenziale.

4) Passando alle domande formulate da parte attrice in ordine al contrasto della registrazione di Bo.Ve. con l'art. 9 c.p.i., e segnatamente con il divieto di registrazione come marchio di impresa dei "segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto", ritiene il Collegio che in questa categoria non rientrino soltanto i segni costituiti dalla forma generale di un prodotto necessaria perché lo stesso appartenga alla sua categoria, come sostenuto da parte convenuta. E' infatti pacifico che la forma generale di un prodotto necessaria perché lo stesso apparteneva, alla sua categoria è forma "imposta" dalla sua natura, tuttavia, come è stato messo in evidenza dalla dottrina e dalla giurisprudenza che si sono occupate dell'argomento, se lo scopo perseguito dal legislatore fosse stato quello di escludere dalla registrazione soltanto la forma generale o standardizzata del prodotto, sarebbe bastato escludere dalla registrazione i segni costituiti esclusivamente dalla forma del prodotto. Da ciò deriva, ad avviso del Collegio, che il richiamo effettuato dalla norma alla "forma imposta dalla natura stessa del prodotto" è più ampio e ricomprende non solo la forma del prodotto finito in quanto tale ma anche la forma del prodotto materia prima con il quale vengono realizzati i prodotti finali quando, come nel caso, la natura di tale materia prima è tale per cui "quella forma" è quella che la stessa deve assumere alla fine del processo di produzione.

In altre parole, poiché la forma "cuoio intrecciato" è la forma che tale prodotto deve avere alla fine del processo di lavorazione del cuoio ad intreccio, si deve concludere che anch'essa è forma imposta Gialla natura stessa del prodotto e, come tale, ricompresa nel divieto in esame. Ad avviso del Collegio, peraltro, la registrazione di Bo.Ve. collide con l'art. 9 c.p.i. anche sotto un altro profilo. Come è pacifico e non contestato in causa, infatti, quella del cuoio ad intreccio è una tipologia di lavorazione dettata da esigenze di ordine economico perché l'utilizzazione di una serie di striscioline consente di recuperare anche gli scarti della lavorazione del cuoio - e di ordine funzionale - perché il cuoio intrecciato è meno rigido, ed al tempo stesso più robusto,, c.d. è più adattabile alla forma dell'oggetto, specialmente per gli articoli di dimensioni contenute. La forma intrecciata del cuoio di cui alla registrazione di Bo.Ve., pertanto, risulta necessaria anche per conseguire gli specifici vantaggi economici e funzionali sopra delineati. Tale ultima constatazione, e cioè che l'utilizzo del cuoio intrecciato risponde a precise esigenze di carattere funzionale legate alla maggior flessibilità e resistenza del materiale, porta quindi a concludere che la registrazione di Bo.Ve. si pone in contrasto anche con il divieto di registrazione di segni costituiti esclusivamente "dalla forma di un prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico": come chiarito dalla Corte di Giustizia, infatti, la forma di un prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico è quella che si deve applicare perché un risultato tecnico venga conseguito e tutte le forme concorrenti che applicate ad un determinato prodotto ottengono quel risultato tecnico sono forme necessarie (Corte di Giustizia 18 giugno 2002, nella causa C - 299/99). Sul punto resta solo da sottolineare che nulla rileva se il medesimo risultato tecnico può essere conseguito mediante l'utilizzo di forme alternative, in quanto l'art. 9 c.p.i. non richiede che la forma necessaria sia anche indispensabile come ricordato dalla Corte di Giustizia nella decisione sopra citata, infatti, - e tale statuizione è perfettamente compatibile con l'art. 9 c.p.i. - nessun elemento del tenore letterale dell'art. 3, n. 1, lettera e) della direttiva autorizza a disattendere tale impedimento anche ove venga dimostrata l'esistenza di altre forme disponibili. Non ritiene invece il Collegio che la registrazione oggetto di causa integri "una forma che da valore sostanziale al prodotto", perché non sembra che la lavorazione del cuoio ad intreccio dia al bene realizzato con quel tipo di materiale un vantaggio competitivo significativo, cioè un vantaggio che induca i consumatori a preferire per ciò solo un prodotto realizzato con quel materiale.

5) Si deve pertanto concludere osservando che il marchio oggetto di causa è privo, in concreto, dei requisiti di registrabilità previsti dall'art. 7 c.p.i. ed è in contrasto con il disposto dell'art. 9 c.p.i.

Il marchio n. (...) in titolarità di Bo.Ve.In. s.a.r.l. deve pertanto essere dichiarato nullo ai sensi dell'art. 25 lettere a) e b) c.p.i.

Quanto sopra assorbe tutte le questioni attinenti la novità e la capacità distintiva della registrazione della convenuta, novità e capacità distintiva peraltro insussistenti, atteso che, come già delineato al precedente punto 2), moltissime aziende utilizzano da decenni, per realizzare prodotti di pelletteria, un cuoio ad intreccio sostanzialmente identico a quello della registrazione della convenuta e che, per quanto risulta dagli atti, l'utilizzo di tale materiale non ricollega, nella percezione del pubblico, il prodotto finito al suo produttore. Quanto sopra, inoltre, - assorbe la domanda - ex art. 12, comma 1, lettera b - di cui al punto 3 delle conclusioni attoree, ancorché in fatto debba essere sottolineato che l'uso da parte di Co. .a.s. del cuoio ad intreccio risale al 1980 (cfr. doc. n. 5 del fascicolo attoreo: copia pubblicità Co. su La.Re. 1980) e che il Tribunale e la Corte di Appello di Milano, hanno escluso, proprio in quel periodo, che Bo.Ve. potesse vantare un diritto esclusivo sul cuoio intrecciato (Tribunale di Milano 26.2.1981 e Corte di Appello Milano 20.7.1982, prodotte da parte attrice come All. B e All. C).

6) Atteso quanto sopra esposto in ordine alla nullità del marchio, inoltre, deve essere respinta la domanda, formulata da parte convenuta in via riconvenzionale, volta a sentir accertare e dichiarare che "l'uso dell'intrecciato di pelle impiegato nelle borse prodotte e vendute da Co. - in particolare quelle specificate nella narrativa dell'atto di citazione in data 10.1.2008, nonché dell'immagine dell'intrecciato medesimo sul sito Internet dell'attrice, costituisce contraffazione del marchio n. (...) di titolarità di Bo.Ve.In. s.a.r.l., nonché atto di concorrenza sleale", e deve essere dichiarato che l'uso dell'intrecciato da parte di Co. S.a.s. non costituisce né atto di contraffazione né atto di concorrenza sleale.

7) Deve inoltre essere respinta, perché non provata, la domanda formulata da Bo.Ve. in via riconvenzionaie, volta a sentir accertare e dichiarare "che la borsa di cui ai nostri docc. 3, 141, 142 e 144, costituisce imitazione del modello (...) dell'esponente, e che conseguentemente Co., con la produzione, pubblicizzazione e vendita di questa borsa, si è resa responsabile dell'illecito di concorrenza sleale ai danni della convenuta".

Bo.Ve. infatti, non ha provato che vi è stata una imitazione confusoria in quanto concernente elementi originali che servono a contraddistinguere il suo prodotto sul mercato e non ha neppure provato che la borsa Ca. è stata fedelmente imitata da Co. S.a.s.

Rileva infatti il Collegio che né la borsa Ca. né le sue asserite imitazioni servili sono state prodotte in giudizio e che i documenti cui fa riferimento Bo.Ve. sono delle fotografie: il doc. n. 2 è la foto della borsa Ca. di Bo.Ve., il doc. n. 3 è la foto della borsa venduta da Co., il doc. n. 139 è la foto della borsa Ca. scura di Bo.Ve., il doc. n. 140 è la foto della borsa Ca. chiara di Bo.Ve., il doc. n. 141 è la foto della borsa venduta da Co., il doc. n. 142 è la foto della borsa venduta da Co. Di conseguenza, risulta impossibile effettuare un reale confronto tra i prodotti e formulare un giudizio sulla effettiva confondibilità degli stessi e anche sulla sussistenza della fattispecie di cui all'art. 2598 n. 2 c.c.

8) Il rigetto delle domande di cui ai precedenti punti 6) e 7) formulate da Bo.Ve. comporta inoltre il rigetto, senza necessità di assumere approfondimenti istruttori, delle domande di inibitoria, risarcimento del danno, restituzione degli utili, applicazione di penali, ritiro dal commercio e distruzione e pubblicazione della sentenza formulate dalla convenuta.

9) Le spese del giudizio, liquidate nella misura che verrà indicata in dispositivo, seguono la soccombenza di Bo.Ve.

10) Ai sensi dell'art. 122 comma 5 c.p.c., copia della presente sentenza deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, all'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi per le annotazioni previste dalla legge.

 

P.Q.M.

 

IL TRIBUNALE, decidendo nel procedimento iscritto nel R.G.C., al n. 25455/2007, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così provvede:

DICHIARA la nullità del marchio italiano n. (...) di cui è titolare Bot.Ve.In. s.a.r.l. ai sensi dell'art. 25 lettere a) e b) c.p.i.;

DICHIARA che l'uso del cuoio intrecciato da parte di Co. F.lli Fr. e Se. e C. S.a.s. non costituisce né atto di contraffazione né atto di concorrenza sleale;

RIGETTA le domande formulate in via riconvenzionale da Bo.Ve.In. s.a.r.l.;

CONDANNA Bo.Ve.In. s.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, a rimborsare a Co. F.lli Fr. e Se. e C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, le spese del giudizio, che liquida in Euro 19.733,00, oltre I.V.A., contributi previdenziali e rimborso esposti ed il resto per onorari;

DISPONE che a cura della Cancelleria la presente sentenza venga trasmessa all'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi per le annotazioni previste dalla legge.

 

Così deciso in Torino, il 14 novembre 2008.

Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2009.

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