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6 ottobre 2023

X, the mark formerly known as Twitter: rischi e opportunità del rebranding

di Nadia Adani

A pochi mesi dall’acquisizione di Twitter, Elon Musk ha deciso di dare una svolta epocale per discostarsi dal passato e dalla mentalità legata alla precedente proprietà. E così, in una caldissima serata di fine luglio, il nuovo proprietario ha condiviso con il mondo la volontà di lasciare andare il famosissimo uccellino sostituendo il logo di Twitter con la lettera “X”.


Già dallo scorso aprile, la società aveva cambiato nome in X Corp., riflettendo l’inclinazione di Musk ad adottare la ventiquattresima lettera dell’alfabeto nelle proprie attività. Successivamente il numero uno di Twitter ha lanciato un rapidissimo sondaggio tra i propri utenti, adottando quindi il logo proposto da un fan che lo aveva precedentemente utilizzato per un podcast proprio dedicato a Musk.

L’ormai conosciutissimo logo di Twitter è stato dunque sostituito con un colpo d’ali da una lettera “X”. Ad informare il mondo di questo inaspettato cambiamento è stato lo stesso Elon Musk che, pur definendo il nuovo marchio come provvisorio, ha prontamente iniziato ad eliminare il simbolo dell’uccellino da ogni contesto, rimpiazzandolo con la nuova “X” che, nel dubbio che potesse passare inosservata, è stata proiettata sulla facciata della sede di San Francisco come se ci si trovasse a Gotham City.

Ma perché uno stravolgimento così importante? La volontà dell’azienda è quella di superare i confini tracciati da Twitter per esplorare nuove strade. “X” è infatti destinato a diventare molto più di un social network: un vero e proprio sito per audio, video, pagamenti e operazioni bancarie, che ha l’ambizione di portare – come dichiarato dalla nuova AD Linda Yaccarino – un radicale cambiamento nel modo di riunirsi, intrattenersi, effettuare transazioni, attraverso l’utilizzo di un’unica piattaforma. Tale cambiamento, così radicale, non avrebbe potuto realizzarsi se non passando da una completa modifica del marchio, così fortemente legato ai blog e alla messaggistica.

In passato, altri competitor di Twitter hanno modificato il proprio nome, ad esempio Facebook è diventata Meta Platform o Snapchat è stata contratta in Snap o, ancora, Google si è trasformata in Alphabet, ma pur cambiando il nome dell’azienda, il marchio della piattaforma è rimasto inalterato perché il marchio è il segno distintivo riconosciuto ed apprezzato dagli utenti e modificarlo, una volta che lo stesso ha raggiunto un valore così elevato e riconoscibile, non è certo cosa da poco.

A stupire maggiormente è il fatto che Twitter non era solo un marchio estremamente forte, ma intorno ad esso si è creato un autentico lessico; tweet è diventato un verbo tanto che tweettare o retweettare, sono parole entrate nel linguaggio comune degli utenti e, da ora in avanti, non avranno più motivo di essere utilizzate ma saranno sostituite da “banalissime” espressioni come post, repost o magari “Xpost”.

Di rado un marchio riesce ad intrecciarsi così tanto con la vita quotidiana dei suoi fruitori e lo stravolgimento apportato da Musk è troppo importante per non avere delle conseguenze. Secondo alcune stime, la completa cancellazione dell’uccellino potrebbe far perdere all’azienda dai 4 ai 20 miliardi di dollari di valore.

In generale, un rebranding ben pianificato può portare al raggiungimento di nuovi obiettivi aziendali come quelli che si sono prefissati Elon Musk e il suo staff, ma è indubbio che, al di là delle evidenti ripercussioni economiche, questa scelta strategica può portare a rischi significativi. In primo luogo, si dovrà fare i conti con la reazione del pubblico che, affezionato al simpatico uccellino e al suo cinguettio, potrebbe non apprezzare questo cambiamento radicale, determinando, almeno temporaneamente, una perdita di interesse sulla piattaforma.

L’adozione di un marchio, inoltre, anche se effettuata da parte di un colosso, deve fare i conti con i requisiti previsti dalla legge sulla proprietà intellettuale.

Sotto il profilo legale, un marchio può essere costituito anche da una singola lettera e nella valutazione del carattere distintivo della stessa non devono essere applicati criteri più stringenti rispetto ad altri tipi di marchi. Pertanto, anche un segno costituito da una sola lettera può essere intrinsecamente distintivo se non appare descrittivo dei prodotti o servizi rivendicati dal marchio stesso. E’ tuttavia evidente che le singole lettere dell’alfabeto sono segni limitati, di utilizzo generale e la monopolizzazione da parte di un unico soggetto deve dunque essere riconosciuta con molta cautela.

Vero è che la “X” adottata da Musk è caratterizzata da una particolare grafia che rende il marchio maggiormente distintivo e riconoscibile, ma è vero anche che tale stilizzazione non si discosta troppo dallo standard e sembra essere qualcosa di già visto.  Un altro aspetto di non poca rilevanza è dato dal fatto che la lettera X è molto utilizzata nel settore dei media. Microsoft e Meta sono solo alcune tra le aziende che utilizzano marchi costituiti dalla lettera X che, seppur differenti sotto il profilo grafico, possono sicuramente costituire un ostacolo all’utilizzo e alla registrazione del nuovo segno.

Allo stesso tempo, la tutela concessa ad un marchio così diffuso nel settore e con una distintività tanto debole renderà estremamente difficile difendersi dalle imitazioni se non con il tempo, contando sugli ingenti investimenti che certamente accompagneranno non solo il lancio, ma l’intera vita del nuovo brand di X Corp. La notorietà di un marchio non è infatti una cosa scontata né qualcosa che possa essere trasferito da un segno ad un altro, ma deve essere costruita con il tempo e con importanti investimenti, anche pubblicitari. Il valore oggi riconosciuto al logo di Twitter e le caratteristiche per le quali è tanto apprezzato non sono certamente trasferibili alla lettera “X” ed il rischio maggiore è che si determini una perdita di fiducia da parte degli utenti che, invece di affacciarsi ai nuovi servizi proposti, potrebbero non riconoscere la continuità dei valori a cui erano legati e l’identità del marchio, ma, forse, è proprio questo che Elon Musk intende ottenere.
 


Dott.ssa Nadia Adani
BUGNION S.p.A.